Articolo della dott.ssa Ginevra R. Cardinaletti
Cos’è il self-disclosure
Il self-disclosure (rivelazione di sé) è un termine che indica la condivisione, da parte dello specialista nell’ambito di un percorso psicologico, di aspetti personali, emozioni o esperienze vissute. Si tratta di un tema che ha suscitato, e suscita tuttora, un ampio dibattito poiché stride con l’immagine tradizionale dello psicologo come figura neutra e distante. Tuttavia, per alcuni, con i quali mi sento di concordare, il self-disclosure è considerato uno strumento potente, se usato con consapevolezza.
Quando è utile
Il self-disclosure può essere utile quando contribuisce a normalizzare un’esperienza del paziente o a creare un clima di autenticità nella relazione. In alcuni momenti, sapere che anche lo psicologo ha vissuto esperienze simili può aiutare il paziente a sentirsi meno solo o giudicato, oppure può aprire nuove prospettive di riflessione. L’importante è che la condivisione sia sempre finalizzata al benessere del paziente e non a un bisogno del professionista.
Quando può essere controproducente
Tuttavia, il self-disclosure può diventare controproducente, e quindi inadeguato, se usato in modo impulsivo, non calibrato o se sposta il focus della seduta sullo psicologo piuttosto che sul paziente. Un altro rischio è che il paziente si senta in dovere di prendersi cura del terapeuta, rompendo così il setting asimmetrico e protetto della terapia.
Per questo motivo, ogni atto di self-disclosure richiede una profonda riflessione da parte del professionista, sia prima che dopo averlo effettuato, valutando l’impatto reale sul percorso psicologico del paziente.
Esempi pratici nella mia esperienza
Quando lavoro con i miei pazienti sulla loro autostima, porto la mia esperienza personale, perché da una timidezza e insicurezza per me invalidanti, sono riuscita a fare un importante lavoro su me stessa fino a raggiungere traguardi che non avrei neanche osato sperare. Condividere con i miei pazienti il mio vissuto, li aiuta a prendere consapevolezza che quel cambiamento è qualcosa di fattibile e di tangibile, e questo è estremamente motivante per loro.
Allo stesso modo, alcuni miei pazienti soffrono di malattie croniche e si sono rivolti a me proprio perché, soffrendone anche io, si sentono compresi. Sanno che ho ben presente quello che stanno passando e io stessa faccio sì che questo possa portare un importante vantaggio per loro. Il disagio psicologico legato alla malattia cronica ha numerose sfaccettature spesso difficili da comprendere, e il risultato è che uno dei problemi principali per chi ne soffre è sentirsi incompreso, sentirsi distante dagli altri. Vivere in prima persona un’esperienza simile al mio paziente e metterla a sua disposizione è per me un valore aggiunto, un ulteriore e importante strumento di aiuto.
Conclusione
Il self-disclosure non è uno strumento da usare con leggerezza, ma può essere un ponte prezioso in un percorso psicologico. Usato con rispetto, attenzione e sensibilità, può aiutare il paziente a sentirsi compreso, accolto e meno solo, e fargli vedere come concretamente possibili i traguardi che si prefigge. Come tutto ciò che riguarda un percorso psicologico, richiede una valutazione costante del suo significato e del suo impatto, mantenendo sempre al centro il benessere e la crescita del paziente.
Dott.ssa Ginevra R. Cardinaletti – Psicologa
Riceve online. Per info: info@ginevracardinal.com